Home Arte e Cultura Piedimonte Matese. A settembre il Festival dell’Identità, ospite Vittorio Sgarbi

Piedimonte Matese. A settembre il Festival dell’Identità, ospite Vittorio Sgarbi

Dal 3 all'11 settembre nel Complesso quattrocentesco di San Tommaso d'Aquino interventi di storici, scrittori, accademici: passato e presente uniti dalla ricerca e definizione del concetto di identità

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Il chiostro maggiore del complesso di San Tommaso d’Aquino

Grazia Biasi – Da poche ore è stato reso noto il calendario del Festival dell’Identità in programma dal 3 all’11 settembre nel complesso quattrocentesco di San Tommaso d’Aquino nel centro storico della Città. Evento a firma del Comune di Piedimonte Matese che conferma l’antico sito monastico quale centro di promozione e crescita culturale (scarica il programma). Storia, arte, cultura è il sottotitolo indicativo della rotta da cui muoveranno gli interventi degli ospiti: nomi dal mondo accademico, filosofi, storici, pensatori, scrittori per riflettere sull’identità sociale, politica e culturale del luogo e della società che lo caratterizza, leggendo la Storia locale sulle pagine più larghe di contesti “meridionali” antichi, moderni, contemporanei. Ricerca sul passato e riflessione sulle prospettive future si coniugheranno per l’intera durata del Festival come l’approfondimento sul Risorgimento e lo studio sulle risorse idroelettriche (patrimonio storico del Matese) secondo le prospettive offerte dal Piano Nazionale di ripresa e Resilienza (PNRR); accanto alla storia della Famiglia Caetani signori di Piedimonte nel il Regno di Napoli, spazio alla musica di una giovane espressione artistica matesina che coniuga pittura, poesia, narrativa, musica sotto il nome dell’Associazione A n’zerta. Sono solo alcune delle proposte. È nell’ascolto e nella relazione, nell’incontro tra la Storia e le storie che si genera identità (politica, culturale, economica, sociale): un percorso da recuperare e rinsaldare come spiega nell’articolo pubblicato in anteprima su Clarus (vai in fondo) il prof. Danilo Scappaticci, uno dei moderatori del Festival.

Tanti i nomi degli ospiti che interverranno, quasi tutti dalle Università dell’Italia Meridionale (Cassino, Salerno, Napoli, Bari…); presenze dal Ministero della Cultura e dal panorama politico italiano; tra tutti il nome di Vittorio Sgarbi presente all’evento venerdì 9 settembre alle 18.00 per la mostra temporanea “Nel dolce tempo. Arte, Poesia e Diritto a Piedimonte Matese tra ‘500 e ‘600” con l’esposizione di un’opera attribuita ad Andrea Vaccaro, rappresentante la Flagellazione di Cristo (1607) e sezioni bibliografiche con opere di Ludovico Paterno, Vincenzo De Franchis e storici del territorio matesino (scarica il programma).

A programmare e coordinare l’evento un Comitato scientifico composto dal Presidente Luigi Pepe, Università degli Studi di Ferrara; Armando Pepe, Università Grenoble-Alpes; Amedeo Lepore, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli; Nadia Barrella, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli; Daniele Santarelli, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli; Antonio Salerno, Direttore Museo Civico Piedimonte Matese; Loredana Cerrone, Assessore alla Cultura del Comune di Piedimonte Matese. A questo gruppo si aggiunge il Comitato di Promozione culturale e valorizzazione del patrimonio storico-artistico in seno al Gabinetto del Sindaco. Alla Segreteria del Festival, Maria Sperandio.
Su Clarus seguiranno approfondimenti sul Festival. 

Cos’è l’identità?

di Danilo Scappaticci

L’identità è un concetto ampio e molto complesso, che investe molteplici dimensioni e assume caratteri proteiformi; avendo una natura di tale genere, diventa arduo definire il perimetro della discussione e dell’argomentazione. Occorre pertanto porre attenzione alla focalizzazione del tema, oltre che alla sua evoluzione storica e culturale. Infatti, quando parliamo di identità sappiamo di correre il rischio di slittare in discussioni e lemmi che vanno al di là di una definizione precisa e puntuale, facendo correre il rischio di gettarsi in querelle strumentali, a volte perfino velleitarie se non propagandistiche.

Iniziando quindi una disamina, il concetto di identità è primariamente riferibile al contenuto logico del pensiero; troviamo tale assunto in Aristotele, il quale definisce il Principio di Identità, esemplificato nella formula A=A, come postulato basilare e chiave di volta interpretativa del nostro pensiero occidentale. Attraverso il principio di uguaglianza possiamo classificare le specie, organizzare le categorie mentali con le quali strutturiamo il ragionamento, costruire il nostro mondo dandogli un significato e un senso.

In relazione a ciò, possiamo ben dire che il principio di identità qualifica la filosofia occidentale, rendendola differente e speciale; la identifica, inoltre, rispetto al patrimonio culturale orientale e, come sostengono gli studiosi, possiamo affermare che la cultura occidentale si differenzia da quella orientale poiché in quella greca compare il principio di identità che fa il paio con il principio di non-contraddizione, mentre nella filosofia cinese, ed in quella orientale in genere, troviamo l’enumerazione.

Detto ciò, possiamo constatare come già, nelle righe precedenti, abbiamo espresso un principio categorizzante, cercato quel quid identicum, tanto caro alla filosofia scolastica medioevale; è proprio del paradigma mentale del nostro orizzonte trovare similitudini, uguaglianze e identità tra generi diversi.

Il principio di identità, in chiave filosofica, ha trovato una sua rigenerazione con l’Idealismo, in particolare con Fichte e Schelling; in tale contesto assistiamo alla cosiddetta dialettizzazione dell’identità, ovvero alla contrapposizione generativa tra identità diverse.

Il concetto di identità, muovendo da tali assunti filosofici e teoretici, ha avuto una propria biografia all’interno delle scienze umane e delle scienze politiche, in quanto concetto attraverso il quale leggere e interpretare la propria personalità e/o cultura, fino a diventare strumento interpretativo del genere di appartenenza.

In ambito psicologico, da Freud in poi, sappiamo come la personalità si costruisca attraverso la definizione per tappe, di una identità-, di un principio appellato coscienza di sé-, la quale riflette quelle che vengono chiamate “dinamiche di crescita” del nostro Io, causando i nostri comportamenti in termini sia personali sia sociali.

La coscienza di sé, e quindi l’identità personale, è un percorso lungo, periglioso, irto di ostacoli, generativo di conflitti e spesso difficile da controllare, causando patologie o, al contrario, la piena consapevolezza di sé, ingrediente essenziale per una esistenza virtuosa e felice.

Abbiamo poi un’identità culturale, declinata nelle varie forme; dall’identità religiosa a quella politica, per raggiungere quella linguistica e di genere. Oggi troviamo nel dibattito pubblico e politico un uso inflazionato del termine, e del concetto, riferibile all’identità; troviamo spesso un uso strumentale, teso più ad esaltare il ruolo di appartenenza, piuttosto che a favorire la fluidità dell’incontro, del mescolamento, diciamo anche del meticciato.

L’identità, nella sua accezione relazionale, non nasce per sé, ma al contrario si costruisce attraverso l’incontro con altre identità, a cominciare da quella irriducibile, che è la persona umana.

Dovremmo rammentare questo assunto, oggi nel mondo della complessità, dove ciascuno di noi vive una identità multipla, sovrastato da vite e ruoli sovente alienanti.

Per questo occorre riscoprire la lezione di un pensatore e filosofo del Novecento, come Levinas, il quale proclama la necessità di saper ascoltare l’altro, di comprenderlo, di andare oltre le apparenze, per costruire con l’altro un percorso che generi un’identità perennemente rinnovata e rimodellata.

Siamo esseri narranti, come affermava Ricoeur, siamo esseri in viaggio verso un’Itaca in cui approdiamo solo provvisoriamente, in attesa di riprendere il viaggio e salpare verso altre dimensioni e diverse identità.

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