Home Arte e Cultura Festival dell’Erranza “numero dieci”, l’intervista al direttore Roberto Perrotti

Festival dell’Erranza “numero dieci”, l’intervista al direttore Roberto Perrotti

La Partenza e la Restanza è il tema della X edizione in programma il 16 e 17 settembre a Piedimonte Matese presso il complesso quattrocentesco di San Tommaso d'Aquino nel centro storico della città

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E siamo a “dieci”; dieci anni di Festival dell’Erranza; un arco di tempo ancora breve rispetto al Tempo, ma abbastanza lungo nella nostra esperienza per poter celebrare la costanza di un impegno e di un servizio culturale offerto al territorio matesino attraverso un’iniziativa dedita alla Lettura, al libro come luogo di incontro, spazio politico, diario personale, tela creativa, lente d’ingrandimento sulle piccole storie del mondo, cassa di risonanza per gli ultimi o specchio della coscienza dei Grandi della terra.
Roberto Perrotti, il direttore artistico originario di Piedimonte Matese sceglie la sua città e in particolare il centro storico per condividere con autori, cantanti, artisti, testimoni, il racconto dell’Erranza. Sceglie la sua terra natìa, da cui in tanti partono, o che tanti hanno attraversato (pellegrini, viaggiatori, pastori…) per raccontare il valore del viaggio inteso più come dimensione interiore, movimento che genera nell’uomo il desiderio di incontrare l’Altro, scoprire altro attingendo e portando ricchezza di idee, progetti umanitari, valori civili, cristiani, universali; diritti…
In attesa della nuova edizione in programma il 16 e 17 settembre su La Partenza e la Restanza, presso il complesso monumentale di San Tommaso d’Aquino lo abbiamo intervistato provando a fare sintesi di questa esperienza decennale, in attesa di incontrarlo nel prossimo week end insieme ai suoi ospiti tra cui lo Scrittore e docente universitario siriano Mahmoud Hasan Al-Jasim; il giornalista Paolo Miggiano responsabile dei progetti editoriali della Fondazione Pol.i.s.; Gianni Vernetti, già deputato e sottosegretario agli Affari Esteri; l’artista e saggista Annalisa Mazzola dell’Accademia di Belle Arti di Napoli; Vito Teti, antropologo dei luoghi ed altri ancora che conosceremo su Clarus prossimamente.
> Scarica il Programma.

Dieci anni di Festival: un bilancio e quali i punti fermi di questa esperienza…
Siamo felici di aver mantenuto negli anni la nostra convinta adesione all’idea di una cultura che intenda rappresentarsi attraverso l’incontro con l’Altro, l’accoglienza della sua implicita differenza e la potenza della sua singolarità. Abbiamo coltivato la nostra ostinazione nel proseguire su questo cammino, impegnati all’ascolto di una pluralità di voci uniche, attenti e selettivi, nella scelta dei centocinquanta autori, ospitati nella nostra “stazione di posta”. Non nascondiamo le difficoltà dovute soprattutto alla nostra idiosincrasia verso la  sciatteria, la volgarità, e i beceri creati televisivi. Abbiamo inteso proteggere il nostro festival da una deriva personalistica, campanilistica ed etnocentrica.

Le intenzioni del Festival: cosa porta la manifestazione alla Città di Piedimonte Matese?
Il festival, nelle nostre intenzioni, doveva tenersi necessariamente in un luogo che sapesse recuperare il senso della storia e della bellezza e potesse trasmettere vibrazioni di vita e opportunità di convivialità. L’antico borgo di Piedimonte era l’ideale, un centro di forte interesse storico e culturale che ha affascinato viaggiatori, studiosi e artisti, terra di confine e di accoglienza. Tuttavia alla nostra riconoscenza per l’ospitalità e per la felicità di “restare” consegue la necessità di fare diaspora con la mente e viaggiare, attraverso la nostra ricerca, per incontrare le molteplici rappresentazioni del margine e dello straniero. Le radici del nostro festival si sono sempre nutrite di questo duplice sentimento.

Concerto nel Chiostro maggiore del Complesso monumentale di San Tommaso d’Aquino in una delle edizioni passate del Festival dell’Erranza

Quale risposta e reazioni il territorio ha mostrato rispetto alle proposte?
Nel migliore dei casi abbiamo trasmesso un interesse e suscitato leggere resistenze nel pubblico che ci ha seguito in questi anni. Abbiamo proposto temi che richiedevano una disposizione alla riflessione, esperienza notoriamente passata di moda. Abbiamo indotto i nostri ospiti a leggere libri. Ma i libri non li legge più nessuno. Leggere significa porsi un problema. Anche in questo caso lo scenario si è presentato in modo dinamico. Se da un lato abbiamo evitato di invitare autori conosciuti principalmente per la loro frequentazione televisiva o per un successo privo di competenza, dall’altro abbiamo ricevuto dai partecipanti, sinceri apprezzamenti e sostegni per la nostra scelta.

Il Matese, in particolare il centro storico di Piedimonte vengono presentati dagli organizzatori del Festival dell’Erranza come spazi dinamici della Storia conferendo ad essi attualità e parola per quello che oggi rappresentano. Clarus segue fin dalla prima edizione il vostro evento e l’dea che ci siamo fatti è che la lettura, vera mission dell’evento, si colloca nello spazio che vi ospita secondo una logica dei luoghi ben precisa.
Non frequentiamo quelle forme d’interesse nostalgico e regressivo verso i luoghi che ci ospitano e che abitiamo, la cosa ci trasmette angoscia e senso d’immobilismo. Ogni luogo non è solo uno spazio, ma anche espressione della mente articolata attraverso l’oblio e la memoria. I luoghi sono rappresentazioni culturali composti di immagini e temi da condividere con chi rimane, chi torna e chi li abbandona definitivamente. Siamo vigili, pertanto sulla “metafisica del luogo” e la sua “ derealizzazione storica”, sul rischio di confondere il vecchio con l’antico, l’estetizzazione dei borghi con la riattivazione comunitaria.

Restanza, il tema scelto per la X edizione del Festival. Quale valore di fondo in questa edizione?
Argomento complesso che travalica la sua immediata accezione. La restanza stabilisce una relazione di reciprocità con la partenza e tende subito lo sguardo al senso del luogo. La scelta di restare non è una mesta forma di attaccamento ai luoghi, al contrario è una decisione, anche se lacerante e dolorosa. Restare non è accettazione di un destino ma una tensione del pensiero verso nuovi progetti. Non si resta mai del tutto, così come non si parte mai in modo definitivo. Eppure non è facile per chi resta e chi parte riconoscersi somiglianti nella loro diversità. Nel corso degli incontri pomeridiani di venerdì 16 e sabato 17 settembre ci interrogheremo su tale somiglianza in compagnia dell’antropologo dei luoghi Vito Teti e altri studiosi, scrittori ed artisti.
> Scarica il Programma.

La X edizione del Festival dell’Erranza in foto

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