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Commento al Vangelo domenica 26 gennaio. Lo Spirito del Signore è sopra di me, la Sua parola si è compiuta

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di Padre Gianpiero Tavolaro
Comunità Monastica di Ruviano (Clicca)

Terza domenica del Tempo ordinario – Anno C
Ne 8,2-4a.5-6.8-10; Sal 18; 1Cor 12,12-30; Lc 1,1-4.4,14-21

Luca scrive il suo evangelo per dei cristiani di terza generazione, provenienti dal paganesimo: essi non hanno conosciuto né Gesù né quelli che lo avevano incontrato. I destinatari del terzo evangelo sono, dunque – non diversamente dai cristiani di questo terzo millennio –, uomini e donne lontani da Cristo nello spazio e nel tempo: essi sanno che la venuta di Cristo ha annunziato un’ultima venuta, ma questa non è così imminente come pareva. Essi si trovano a dover affrontare il problema di come mettere radici in un passato sempre più lontano, camminando verso un futuro anch’esso sempre più lontano… problema che rimanda immediatamente alla fede con la quale si guarda al passato e lo si accoglie come fonte di salvezza per l’oggi e preparazione per il domani… problema che si scontra con l’oscurità del presente e con l’incertezza del futuro. Questo era, probabilmente, il sentire dei cristiani a cui Luca si indirizza, ma questo è anche il sentire dei cristiani di ogni tempo e di ogni luogo, che si scontrano giornalmente con il problema della storia. D’altro canto, l’uomo è un essere storico, chiamato ad abitare la propria storia, pur senza restarne prigioniero e questo perché, pur essendo la “casa” dell’uomo, la storia, con i limiti che essa impone, non è mai in grado di soddisfare pienamente l’uomo, che di continuo cerca se stesso e cerca altro, scoprendosi, tante volte, cercatore dell’Altro… È proprio all’interno di questo incessante movimento di ricerca di senso e di pienezza – che ha origine nell’esperienza di un vuoto e di un incompiuto – che l’uomo viene raggiunto dalla promessa di Dio, che è promessa di salvezza.

Vladimir Borovičovskij: “San Luca Evangelista”. Icona dalle porte reali dell’iconostasi centrale della cattedrale di Kazan a San Pietroburgo (1804-1809)

Dio si è accostato all’uomo venendo a visitare la sua storia e promettendogli una salvezza non dalla, ma nella storia: è così che Dio educa l’uomo a una vera speranza, che non è fuga dal mondo… una speranza che chiede all’uomo quella fiducia senza la quale la salvezza promessa non potrà mai essere pienamente accolta e goduta già qui, su questa terra. Non a caso Luca indirizza il suo evangelo a un uomo di nome Teofilo (in greco, “che ama Dio”): si tratta, con ogni probabilità, di una figura fittizia, attraverso la quale Luca intende sottolineare che può ricevere l’evangelo e dargli credito solo chi ama Dio, solo chi è disposto a fidarsi di Lui per leggere nella carne di Gesù di Nazareth un evangelo, una notizia di gioia che Dio ha proclamato all’umanità. Luca rassicura così i cristiani della sua comunità, annunciando loro che per mezzo di Gesù e in Gesù c’è un oggi di salvezza per l’uomo: per questo egli inizia con il suo racconto accreditandosi come uno storico della salvezza. Ci sono delle cose che si sono compiute e che hanno dei precisi testimoni oculari, che sono stati fatti servitori della Parola. La Parola di promessa ora ha un volto e una carne: quelli di Gesù, nel quale ogni oggi può conoscere la salvezza. Il terzo evangelista è molto attento a sottolineare questa efficacia storica della salvezza, nella sinagoga di Nazareth, nell’incontro con il pubblicano Zaccheo (cf. Lc 19,9: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza»), fino al ladro appeso alla croce (cf. Lc 23,43: «Oggi con me sarai nel paradiso»). La salvezza che la Scrittura annunzia non è una teoria di salvezza, ma un avvenimento, una persona: Gesù di Nazareth («Oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato»).

In Lui si adempiono le parole della promessa; in Lui è data all’uomo la vera luce; in Lui l’uomo viene definitivamente liberato dalle catene che lo disumanizzano e alle quali egli resta legato ritenendole vie di salvezza. I presenti nella sinagoga di Nazareth in quel giorno della visita di Gesù sono, per i cristiani di ogni tempo e di ogni luogo, un’icona di ciò che ci è richiesto perché si possa essere toccati da tutto questo: «nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui». Se si vuole contemplare e gustare la salvezza, non si può distogliere lo sguardo da Lui: solo Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, è il liberatore e il salvatore… l’inviato a portare un vangelo che può e deve far esultare.

 

 

 

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