Emilio Salvatore – La verità di un’esperienza ecclesiale non sta nella facilità della sua rappresentazione, ma nell’autenticità della sua costruzione. Mi verrebbe da sintetizzare così il Cammino sinodale fin qui compiuto. Un cammino lungo partito da una consegna data alla Chiesa italiana da Papa Francesco, un invito a rompere recinti angusti e collaudati per lasciar emergere la ricchezza delle testimonianze, dei sogni, delle attese, delle realtà delle Chiese che sono in Italia. Un cammino fatto proprio dalla Conferenza Episcopale Italiana con passione e libertà di ascolto dello Spirito Santo, che vive e agisce in mezzo. Un cammino non segnato da paletti e paratoie, ma capace di istruirsi con flessibilità e pazienza attraverso la Presidenza, il Comitato Sinodale, vario e articolato nella sua composizione. Un cammino innanzitutto segnato dal passo della narrazione dei vissuti delle persone e delle comunità. Un cammino contraddistinto in seguito dal discernimento sapienziale di quanto ricevuto e sperimentato. Un cammino simile non poteva non concludersi nelle fasi assembleare con un dibattito vivace intorno a punti concreti, priorità su cui lavorare per il futuro. Un cammino simile non si è fatto per ingannare il tempo, ma perché si sente forte l’appello ad una testimonianza corale, pur nella ricchezza delle differenze, di fronte ad una realtà sociale, nazionale e mondiale, tanto frastagliata, divisa e conflittuale.
La verità del cammino sinodale, che ho seguito con passione sin dall’inizio, e mi ha coinvolto profondamente nella bellezza dell’essere in mezzo a tanti fratelli, vescovi, presbiteri, laici, e a tante sorelle, teologhe, operatrici pastorali, religiose, sta nello stesso desiderio: essere chiesa dalle porte aperte sul mondo. Le narrazioni che accentuano le difficoltà (del tutto comprensibili) e sminuiscono la portata di un processo da perfezionare, non da frenare, non corrispondono alla verità. Sono frutto di pregiudizi e di disinformazione, di banalizzazione. Chi ha fatto i passi, ha forse piedi anche doloranti, ma non è restato fermo e immobile nel pantano del “si è sempre fatto così”, ma ha percepito il respiro autentico della Chiesa, che consiste nel non aver paura della novità perenne del vangelo.