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Lo Spirito Santo vi insegnerà ogni cosa. Commento al Vangelo di Pentecoste

Commento al Vangelo nella domenica di Pentecoste - Anno C

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di Padre Gianpiero Tavolaro
Comunità Monastica di Ruviano (Clicca)

Domenica di Pentecoste – Anno C
At 2 1-11; Sl 103; Rm 8,8-17; Gv 14,15-16.23b-26

La Pasqua giunge al suo compimento nel giorno di Pentecoste, con il dono dello Spirito santo, con l’irruzione nella storia di Colui che è l’eterno Amore del Padre e del Figlio: a Pentecoste, questo Amore entra nel cuore stesso dell’uomo. Lo Spirito viene, così, a custodire i credenti nella fede, per renderli capaci di una vita nuova segnata solo dall’amore e per dilatare il respiro della speranza, lì dove gli uomini non avrebbero mai osato dilatarlo! Lo Spirito viene a ricordare Gesù e a gridare nel cuore dei credenti il nome della intimità filiale con Dio: Abbà (Rm 8,15). Lo Spirito viene a trasformare sempre più gli uomini in fratelli: è in questo che si porta a compimento l’opera pasquale di Gesù di Nazareth, che con la sua morte e risurrezione ha abbattuto il muro del peccato che separava l’uomo da Dio e l’uomo dall’uomo (cf. Ef 2,14).


“Pentecoste” (Salterio di Ingeburg, Danimarca secolo XIII, riproduzione dell’Abbazia di N.D. de Fidelitè di Jouques, Francia)

Come Gesù, anche lo Spirito non viene ad abolire la Legge (cf. Mt 5,17-18) – d’altro canto, la Pentecoste (Shevuoth) era per il popolo di Israele la festa del dono della Torah –, ma viene a darle pienezza: la Legge, infatti, si compie quando si ama con l’amore di Dio («pienezza della Legge, infatti, è la carità», Rm 13,10). L’Amore del Padre e del Figlio è versato nel cuore dei credenti, perché essi vivano da figli e non più da schiavi; perché essi siano liberati dalla paura per vivere nella vera libertà dei figli! In tal senso, lo Spirito è dato ai credenti perché essi siano sempre più coeredi di Cristo, partecipi della sua stessa figliolanza. A Pentecoste, allora, si celebra lo Spirito che fa della Chiesa una comunità di fratelli con i quali e mediante i quali è possibile incontrare il Vivente! Lo Spirito dà ai discepoli la capacità di fare ciò che Gesù ha fatto: dare la vita! E così accade che la comunità dei credenti realizza già una parusia, cioè una perfetta visibilità di Dio e del suo amore crocefisso e risorto!

Lo Spirito rende possibile a pieno il comandamento nuovo e il Dio-con-noi (Colui che c’è: cf. Es 3,14) continua a narrarsi, a mostrarsi, a venire! Questa parusia – che ha la forma della “presenza-assenza” – avviene nella Chiesa grazie allo Spirito e prepara la parusia dell’ultimo giorno della storia. Lo Spirito oggi rende capace ciascun discepolo di offrirsi come punto di visibilità del Signore Risorto e come memoria vivente della promessa del suo ritorno! È solo a Pentecoste, allora, che l’incarnazione del Verbo giunge alla sua pienezza: all’inizio del suo evangelo, infatti, Luca dice che lo Spirito è sceso sulla Vergine di Nazareth, permettendole di dare carne al Figlio di Dio (cf. 1,35): all’inizio degli Atti, lo Spirito scende sulla comunità dei discepoli, di modo che i discepoli stessi continuino, fino alla fine della storia, a “dare carne” al Verbo. E come nell’incarnazione lo Spirito unisce i diversi (la natura divina e la natura umana), così a Pentecoste l’effusione dello Spirito Santo sulla Chiesa e su ogni carne è dono-segno supremo dell’unità dei diversi. Nel racconto degli Atti, infatti, i diversi radunati a Gerusalemme nel giorno del compiersi della Pentecoste sono capaci di ravvisarsi stretti nell’unità di comprensione di una parola che tutti possono intendere, perché per tutti è parola di vita.

L’unica parola pronunciata da Pietro è udita e accolta dalle diverse lingue («Li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio», At 2,11). Così, ciò che accadde a Babele (cf. Gen 11,1-9) viene capovolto nel giorno di Pentecoste: cessa in questo giorno la confusione delle lingue, perché in Cristo l’uomo può abbandonare la presunzione di elevarsi fino a Dio, accogliendo con umiltà il donarsi a lui di Dio stesso. L’unità nello Spirito non è, però, uniformità: il suo è un amore che unifica, non un amore fusionale, in cui l’uno si perde nell’altro al punto da smarrire il proprio volto. Lo Spirito, che nel seno della Trinità è il vincolo dei diversi (il Padre e il Figlio), compie la missione di Gesù nella storia, dando alla comunità dei discepoli di Lui la profezia dell’unità nell’alterità: è questa la sola via che, nell’amore, può fare di questa umanità un’umanità nuova.

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