“Appello” agli italiani liberi. Il voto, in un paese democratico, farebbe (eccome!) la differenza
Di Domenico Delle Foglie, direttore Sir – Sono in tanti quelli che oggi chiedono al “pregiudicato” Berlusconi di suggerire al “politico” Berlusconi di essere responsabile. Cioè, chiedono all’immorale condannato di essere politicamente virtuoso. Difficile dire se si tratti di superficialità, di doppiezza o di semplice ingenuità. Forse converrebbe a tutti ragionare “politicamente” come se Berlusconi fosse “immortale” e attrezzarsi a batterlo con l’unica arma lecita in democrazia: il voto. Nella vicenda giudiziaria che si è consumata pochi giorni fa, c’è tutto il paradosso politico italiano. La condanna irrevocabile di Silvio Berlusconi per frode fiscale a 4 anni di carcere (3 condonati e uno da scontare ai domiciliari o con l’affidamento ai servizi sociali), oltre all’interdizione dai pubblici uffici (la cui entità sarà ridefinita dalla Corte di Appello di Milano) ci consegna due “certezze”.
La prima: il cittadino Silvio Berlusconi, nella sua veste d’imprenditore, ha violato la legge; è stato riconosciuto colpevole di un reato grave ed è oggi, a tutti gli effetti, un pregiudicato.
La seconda: il politico Silvio Berlusconi, pur dovendo scontare la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici che lo costringerà a lasciare il seggio di senatore e lo rende automaticamente incandidabile, resta al centro della scena politica italiana.
Due certezze che per il senso comune appaiono in aperta contraddizione, ma che cristallizzano l’eterna anomalia italiana. Di una Repubblica democratica non stabilizzata dopo la rivoluzione di “Mani pulite” che ci ha consegnato a una “guerra civile fredda” destinata, purtroppo, a vivere nuove pagine, speriamo non dall’esito drammatico.
Consegnata la verità giudiziaria agli archivi, resta, in tutta la sua portata, la questione politica. Di un Paese, cioè, Berlusconi-dipendente. Infatti il teorema dell’eliminazione di Berlusconi e del berlusconismo per via giudiziaria, è stato contraddetto un istante dopo la sentenza. Le condizioni oggettive della democrazia moderna, a forte impronta mediatica e relazionale, non escludono dalla politica attiva neppure i pregiudicati. È il caso di Beppe Grillo, impossibilitato a guidare i suoi in Parlamento perché inibito da una gravissima condanna passata in giudicato. È il caso di Silvio Berlusconi che ha dalla sua, però, una serie di vantaggi politicamente competitivi. In entrambi i casi si può affermare che è possibile guidare un partito anche dall’esterno del Parlamento. Nel caso di Berlusconi siamo in presenza di una forza politica monoliticamente compatta alle spalle del suo leader e pronta a eseguire le sue direttive senza alcun tentennamento. Inoltre Berlusconi siede al governo, attraverso la delegazione del suo partito. Infine guida, senza alcuna contestazione interna o rivalità emergente, il più grande dei partiti del fronte moderato italiano.
Ecco servita l’anomalia italiana: con il video messaggio di 9 minuti andato in onda dopo la sentenza, Berlusconi ha contestato, nella forma e nella sostanza, la presunzione di una sua uscita di scena politica per via giudiziaria. Resta in campo con una certezza immediata: ha le sorti del governo delle larghe intese nelle sue mani. Con un solo schiocco di dita può staccare la spina a Enrico Letta e determinare un corso diverso della politica italiana, potendo contare anche sul rispetto assoluto delle regole della democrazia parlamentare di cui è arbitro supremo il Capo dello Stato. E con una certezza prospettica: il sostegno di milioni di italiani che continueranno a votare, al prossimo appuntamento elettorale, la sua creatura preferita, ovvero, Forza Italia. Un partito che, ragionevolmente, continuerà a essere maggioritario nel campo moderato. Ultimo paradosso dei paradossi: sono in tanti quelli che oggi chiedono al “pregiudicato” Berlusconi di suggerire al “politico” Berlusconi di essere responsabile. Cioè, chiedono all’immorale condannato di essere politicamente virtuoso. Difficile dire se si tratti di superficialità, di doppiezza o di semplice ingenuità. La vicenda giudiziaria del cittadino Berlusconi non è certamente finita, perché altri processi incombono. Di sicuro, però, converrebbe a tutti ragionare “politicamente” come se Berlusconi fosse “immortale” e attrezzarsi a batterlo con l’unica arma lecita in democrazia: il voto. Averne tutti profonda consapevolezza, al di là dei giudizi morali e politici che ciascuno di noi ha il diritto di coltivare, ci renderebbe forse tutti un po’ più liberi.