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Medio Volturno tra Moderno e Contemporaneo. La chiesa dell’Ordine di Malta in Alife

La chiesa di San Giovanni Alife è l'unico esempio di struttura attribuita ai Cavalieri dell'Ordine di Malta realizzato sulla falsariga del Santo Sepolcro di Gerusalemme

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La chiesa di San Giovanni in Alife, ricavata dalla trasformazione di un antico mausoleo di età romana, richiama la struttura del Santo Sepolcro di Gerusalemme ed è un esempio degli edifici realizzati dai Cavalieri dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, noto come dell’Ordine di Malta. Per la rubrica Medio Volturno tra Moderno e Contemporaneo una interessante analisi storica a firma di Emilio Ricciardi, laureato in Scienze biologiche (1981) e in Conservazione dei beni culturali (1995), attualmente Dottorando di ricerca in Storia e critica dell’architettura. È Docente di Scienze naturali, chimica e geografia al liceo “Sannazaro” di Napoli e collaboratore delle cattedre di Storia dell’architettura e di Museografia presso l’Università degli studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli.

Foto pagina Facebook Gianni Parisi

di Emilio Ricciardi

Breve storia del Sovrano Militare Ospedaliero Ordine di San Giovanni di Gerusalemme 
A partire dal XII secolo il Sovrano Militare Ospedaliero Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, oggi più noto come Ordine di Malta, cominciò a diffondersi per tutta la cristianità. Ai cavalieri di San Giovanni fu affidata la cura degli ospizi fondati nei luoghi santi e per i loro meriti essi ricevettero numerosi privilegi dalle gerarchie civili ed ecclesiastiche: furono indipendenti da ogni potere civile ed esenti dalla giurisdizione dell’Ordinario, ebbero milizie proprie, moneta propria e grandi possedimenti di terre; la loro sede principale, una volta abbandonata la Terrasanta conquistata dall’Islam, fu una grande fortezza nell’isola di Rodi. In tutta l’Europa, lungo le principali vie di pellegrinaggio e nelle città portuali, i Giovanniti aprirono le loro commende, complessi edilizi dotati di chiese, ospizi e taverne per poter accogliere e curare i pellegrini diretti nei luoghi santi. In origine le commende avevano l’aspetto di residenze fortificate, ma col passare del tempo assunsero il carattere di aziende agricole composte, oltre che dagli edifici residenziali e dalla chiesa, da varie strutture di servizio come stalle, mulini, e granai. Più commende facevano capo a un baliaggio o a un priorato, i quali a loro volta afferivano a una delle otto nazioni o “lingue” in cui era diviso l’Ordine.

La rete insediativa in Campania
Nel XIV secolo la rete di insediamenti giovanniti in Campania era già piuttosto estesa e comprendeva le chiese e gli ospedali di Napoli, Salerno, Capua, Aversa, Lauro e Marigliano, oltre ai feudi di Alife e Cicciano, ai quali si aggiunsero nel XV secolo le commende di Padula, Montesarchio e Buccino. Nel XVII secolo le commende del Regno di Napoli, che afferivano ai tre priorati di Capua, Messina e Barletta, erano più di sessanta. Le sedi campane dipendevano quasi tutte dal priorato di Capua e apparivano distribuite in modo uniforme sul territorio, presenti con uguale frequenza sia nelle città feudali (come ad esempio Montesarchio, Lauro, Padula) sia in quelle appartenenti al demanio regio (Salerno, Aversa, Sorrento, Nola), sia nelle città marittime come Napoli, Salerno e Sorrento, ma anche nei centri dell’interno, purché situati in zone pianeggianti o lungo le vie di comunicazione, come Capua, Aversa, Nola, Montefusco, Benevento o Padula. Come si è detto, una caratteristica costante degli insediamenti era l’ubicazione all’esterno delle mura cittadine.

Le chiese dell’Ordine
Le chiese dell’Ordine in genere facevano parte di complessi più grandi, divisi in edifici specializzati nelle diverse funzioni e con numerosi ambienti annessi: ospizi e taverne per accogliere i pellegrini, case priorali e, nei contesti rurali, giardini, aie, cisterne e granai. Altre volte si trattava di cappelle associate a castelli o fortezze. Le planimetrie riportate nei “cabrei”, registri patrimoniali compilati periodicamente per volontà dei commendatori dell’Ordine tra il XVI e il XIX secolo, illustrano bene l’articolazione dei diversi complessi edilizi, di solito raccolti intorno a un grande spazio comune e circondati da giardini cinti da mura, come è possibile vedere nelle piante di Capua, Aversa e Sant’Agata dei Goti, ma ancora meglio nelle planimetrie di commende più grandi, come quella dell’Epifania a Fegino, in Liguria, quella di Santa Maria del Tempio a Bologna e quella della Santissima Trinità di Venosa. Una classificazione delle chiese giovannite appare difficile, perché molte di esse non furono realizzate ex-novo, ma vennero concesse dalle gerarchie ecclesiastiche locali ai cavalieri di Malta, che provvidero a ristrutturarle secondo le loro esigenze, adeguandole senza troppi problemi all’architettura e al gusto del tempo. Molte chiese, dunque, derivano da restauri di fabbriche antiche, in particolare da basiliche a tre navate fondate in epoca medievale, come nel caso del San Giovanni a Mare di Napoli o dell’omonima chiesa salernitana.

La chiesa di San Giovanni Alife
La pianta centrale, frequente nelle chiese degli ordini militari perché richiamava la tipologia del Santo Sepolcro di Gerusalemme, in Campania compare solo nel San Giovanni di Alife, una chiesa ricavata dalla trasformazione di un antico mausoleo di età romana. Un cabreo la descrive come “fabbricata di fabbrica laterizia, di figura circolare, fondata sopra sei archi, coperta a lamia viva, sopra di cui sta appoggiato il tetto, nella di cui sommità vi è eretto un arco, nel quale vi sta appesa una campanella. Nel frontespizio di detta chiesa, vi è dipinta nel muro l’immagine del Glorioso Precursore S. Giovanni Battista”. L’interno ospitava l’unico altare, sormontato da una cona di stucco che conteneva un dipinto raffigurante San Giovanni Battista. La chiesa di Alife, col tempo, fu restaurata e riportata all’aspetto originario di mausoleo.

Fonti e bibliografia
Archivio di Stato di Napoli, Ordine di Malta. Cabrei, vol. 1, f. 18. Armando Pepe (a cura di), Le relazioni ad limina dei vescovi della diocesi di Alife (1590-1659), Youcanprint, Tricase 2017; Emanuele Romeo, Il restauro ottocentesco di Alife come esempio di “città ideale restaurata”, in Falsi restauri. Trasformazioni architettoniche e urbane nell’Ottocento in Campania, a cura di S. Casiello, Roma 1999, pp. 97- 110.

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