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Flaminia. L’esordio alla regia di Michela Giraud è una riflessione sulle ipocrisie dei rapporti e la disabilità

Al cinema dall'11 aprile il film della stand-up comedian romana ispirato alla sua reale esperienza di vita

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Noemi Riccitelli – Chi conosce Michela Giraud sa che si ha a che fare con una personalità unica: irriverente, intelligente e vivace nei suoi graffianti racconti e battute di stand-up comedy.
La perfomer romana è dall’11 aprile al cinema con Flaminia, sua opera prima di regia e sceneggiatura (quest’ultima curata con Francesco Marioni, Greta Scicchitano e Marco Vicari), in cui elabora una personale esperienza di vita, ponendo una riflessione sulle ipocrisie dei rapporti interpersonali e il delicatissimo tema di una condizione come l’autismo.
Infatti, nella finzione del film, il personaggio di Ludovica è ispirato a Cristina, sorella di Michela Giraud, cui il film è dedicato, la quale presenta un disturbo incluso nello spettro autistico; la comica aveva parlato di lei durante il suo speciale show su Netflix, distinguendosi per il modo leggero e arguto con cui aveva scelto di trattare questo argomento.

Roma, oggi. Flaminia (Michela Giraud) è una ricercatrice all’università, che conduce una vita agiata, provenendo inoltre da una famiglia arricchita: il padre (Antonello Fassari), infatti, è un medico chirurgo ormai affermato.
Tuttavia, la madre di Flaminia (Lucrezia Lante della Rovere) è tutta presa dalla volontà di affermarsi ulteriormente e definitivamente nella realtà dell’alta borghesia romana, spingendo la figlia al matrimonio con Alberto (Edoardo Purgatori), figlio di un diplomatico.
La situazione si farà, però, complessa quando Ludovica (Rita Abela), sorella maggiore di Flaminia, rientra a casa dalla clinica dove era stata ricoverata.

Ipocrisia dei rapporti sociali e autismo: due temi che sembrano apparentemente lontani, ma che, in realtà, si completano nella loro antitesi.
E in Flaminia Michela Giraud è riuscita a realizzare un brillante equilibrio mostrando una vicenda in cui alla finzione dei rapporti, alle ridondanti sovrastrutture sociali, si contrappone, in modo straordinario, l’autenticità e la genuina onestà di chi non conosce filtri e non ha bisogno di mostrarsi diverso da come è.

Infatti, la condizione dell’autismo di Ludovica che, inizialmente, appare come una catastrofe per la protagonista, intenta a salvare le apparenze sue e della famiglia, si trasforma, progressivamente, nell’antidoto e nell’inaspettata salvezza di Flaminia stessa, un’epifania sulla propria vita e le scelte prese fino a quel momento.

Così, se il film sembra aprirsi come una classica commedia dal tono grottesco e caricaturale, nel suo sviluppo la riflessione si fa più intensa: del resto, è sempre stato il riso a muovere i pensieri e i sensi più profondi.
Il cast di interpreti si muove bene tutto nei ruoli tipizzati dei loro caratteri, con una menzione particolare anche alla presenza del giornalista Andrea Purgatori, a cui la pellicola è altresì dedicata, che interpreta il padre del giovane Alberto (genitore dell’attore anche nella realtà).

Nel complesso, Flaminia è una visione interessante, che intrattiene con piacere, riuscendo a fare della sensibilizzazione sociale non una questione drammatica e sentimentale, ma un racconto spigliato che lascia pensare.

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