Dopo gli avvisi ai concerti anche all’ingresso di alcune chiese, accanto all’invito a vestirsi in modo consono all’ambiente, comincia ad apparire un cartello garbato e persuasivo: Dio ti può cercare in molti modi, ma…
Emanuela Vinai – Una ragazzina statunitense è morta travolta da un treno: stava cercando di recuperare il cellulare finito accidentalmente sulle rotaie. Due righe di agenzia confinate in cronaca cui nemmeno si farebbe caso più di tanto se non inducessero un pensiero che si fa tarlo: ma se cadesse a me il telefonino sui binari, cosa farei? Non so voi, ma io quasi certamente mi lancerei nel recupero senza pensarci, con volo acrobatico e slancio plastico, del tutto incurante anche dell’arrivo dell’Orient Express figuriamoci del regionale da Viterbo.
Smarrire o danneggiare seriamente quella che ormai è a tutti gli effetti appendice sensibile (e insostituibile salvo rarissimi backup) della nostra iperconnessa vita, appare ai più come una perdita irreparabile. E non senza ragione. Lo smartphone medio contiene nell’ordine: numeri di telefono non altrimenti rinvenibili, mail lavorative che racchiudono mesi di contrattazioni, fotografie di vario genere e catalogazione che annoverano in ugual misura affetti&difetti, filmati risibili e totalmente inutili ma tanto condivisi, videogiochi in rete che identificano ansia competitiva e relativi record (regolarmente stracciati dal nipotino cinquenne), messaggini assortiti da rileggere nei momenti meno adatti, chat memorabili su Whatsapp con chi non sa più nemmeno il nostro nome.

Eppure si sopporta in silenzio, con brevi mugugni, consci di essere vittime più o meno riconosciute della sindrome della mancanza di campo: quella terribile patologia che fa girare stanze, boschi e spiagge con le braccia alzate, mantenendosi in equilibrio su posizioni improbabili, pur di far segnare quella misera tacca che permette una risicata quanto essenziale connessione e che certifica la nostra esistenza nel mondo.
A fronte di un’overdose da smodata fruizione del mezzo elettronico, l’appello quaresimale a un suo uso contenuto, o quantomeno regolato, rappresenta più un’esortazione accorata a riprendere il contatto con noi stessi che un fioretto penitenziale. Del resto, una breve e onesta ricognizione nelle nostre cattive abitudini non può che confermare la necessità di “staccare” prima che sia tardi. Dopo gli avvisi ai concerti anche all’ingresso di alcune chiese, accanto all’invito a vestirsi in modo consono all’ambiente, comincia ad apparire un cartello garbato e persuasivo: Dio ti può cercare in molti modi, ma ti garantiamo che non sarà mai sul cellulare, quindi per favore, almeno a Messa spegnilo. Anche perché, dicono, il campo in Paradiso è solo quello ricoperto di gigli.
(fonte Agensir)