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Jacopone da Todi, O iubelo de core

2010
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carlo saraceni_1620
Estasi di San Francesco, Carlo Saraceni (1620)

O iubelo de core,
che fai cantar d’amore!
Quanno iubel se scalda,
sì fa l’omo cantare;
e la lengua barbaglia
non sa que se parlare;
drento no ‘l pò celare
(tant’è granne!) el dolzore.
Quanno iubel c’è aceso,
sì fa l’omo clamare;
lo cor d’amor è apreso,
che no ‘l pò comportare;
stridenno el fa gridare
e non virgogna allore.
Quanno iubelo à preso
lo core ennamorato,
la gente l’à ‘n deriso,
pensanno el so parlato,
parlanno esmesurato
de que sente calore.
O iubel, dolce gaudio,
ch’è’ drento ne la mente!
Lo cor deventa savio,
celar so convenente;
non pò esser soffrente
che non faccia clamore.
Chi non à custumanza
te reputa empazzito,
vedenno esvalianza
com’om ch’è desvanito.
Drent’à lo cor firito,
non se sente de fore.

Un cuore innamorato vive del calore che lo avvolge; un cuore votato all’Amore assoluto si lascia guidare da quella forza tutta interiore che sola ispira azioni e parole.
L’amore puro e incondizionato è fonte di gioia indiscussa per l’uomo, ma quando anche la mente ne viene pervasa, può diventare qualcosa di disarmante. È in questo momento allora che amore e dolore s’incontrano, aprendo una ferita che in silenzio continuerà a sanguinare.

1 COMMENTO

  1. QUESTI VERSI COSI DENSI DI CONTENUTO CI FANNO COMPRENDERE LA PROFONDITA’ DEI SENTIMENTI CHE L’UOMO, NEL SUO ESSERE, RIESCE A PROVARE IN MANIERA COSI’ FORTE DA SCONVOLGERE TUTTO SE STESSO.

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