Home Arte e Cultura Buona lettura: “Ciò che inferno non è”, di Alessandro D’Avenia

Buona lettura: “Ciò che inferno non è”, di Alessandro D’Avenia

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Con questo libro profondo, commovente e meraviglioso libro, Alessandro D’Avenia ricorda, con affetto di studente e di figlio, la figura “scomoda” e per questo Beata di Padre Pino Puglisi, ucciso dalla mafia nel 1993, il giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno.

di Francesca Costantino

Il sorriso di Don Pino Puglisi è cio-che-inferno-non-ècontagioso e spiazzante. Se dovessi immaginare quello di Dio, avrebbe sicuramente la stessa delicata forma, iscritta in un viso ugualmente simpatico e luminoso.

Eppure il posto in cui è nato e in cui è vissuto non invoglia affatto alla spensieratezza e alla gioia. Si tratta di Brancaccio, uno dei quartieri più malfamati e poveri di Palermo. Qui la miseria alimenta la feroce e violenta criminalità organizzata ed è anche (anzi, soprattutto) vero il contrario, ossia che la mafia affamata si nutre voracemente di chi la miseria non l’ha scelta come compagna di vita.

In mezzo al potere incontrastato dei Don, degli inchini, delle prepotenze, Pino Puglisi “è un Don senza potere. Non senza Forza. Una forza disarmata, non superiore alla violenza […] ma ulteriore alla violenza, perché la sua forza trasforma il cuore”.

Lo sanno bene i suoi alunni del Liceo Vittorio Emanuele di Palermo dove 3P (Padre Pino Puglisi), come lo chiamano i ragazzi. Un po’ per simpatia un po’ per esigenze adolescenziali di abbreviazione, insegna la religione cattolica, la religione dell’Amore incondizionato.

“Dio bisogna darlo, non dirlo” – ripete senza sosta tra i banchi di scuola, sperando di diffondere quel seme buono e sensibile all’indifferenza che possa presto portare molto frutto.

Uno di questi è Federico, un diciottenne della sana e benestante borghesia di Palermo, amante della letteratura e delle parole, in procinto di partire per una vacanza studio in Inghilterra.  Un ragazzo che vive, in quel preciso momento, la spinta ad essere uomo, con tutte le conseguenze emotive che questo passaggio comporta: la paura di essere inadeguati a qualsiasi ruolo; il timore costante di non essere nel posto giusto né di fare la cosa giusta; la voglia prepotente di condividere le proprie apprensioni ma anche i piccoli momenti di pura felicità.

L’incontro-scontro con Padre Puglisi si trasforma in un invito a partecipare alle attività del “Padre Nostro”, il piccolo oratorio di Brancaccio che raccoglie dalla strada ragazzi e bambini per impegnarli in diverse attività (lo sport, la musica, il teatro) e nella speranza di sottrarli, almeno per qualche ora, alle grinfie della malavita, all’inferno.

Sì, perché Brancaccio, a pochi passi dal paradiso di Palermo, sembra proprio il regno dell’angoscia, del tormento, dell’infelicità e dell’ inferno che è “pura sottrazione, è togliere tutta la vita e tutto l’amore dentro le cose”.

Federico accetta di farne parte pur di capire e spiegare, a se stesso e agli altri, con il costante e paterno supporto di 3P, ciò che inferno non è. Gli costa moltissimo, e non solo a lui, essere frammento di un autentico pezzo di paradiso. Tuttavia non è possibile non amare e soprattutto non è possibile non amare sorridendo, SEMPRE.

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