Home Buone Letture Buona lettura. Il bene ostinato, di Paolo Rumiz

Buona lettura. Il bene ostinato, di Paolo Rumiz

Intento dell'autore è quello di raccontare la storia e la mission di Cuamm, Collegio Universitario Aspiranti Medici Missionari, che offre il suo aiuto umanitario in diverse zone dell'Africa, dove la vita è difficile

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Francesca Costantino – Lo chiamano “lo scrittore con la valigia”. Paolo Rumiz, 71 anni, eccellente giornalista italiano, è sempre in viaggio per documentare a parole il suo personale ed altrui vissuto nelle zone “calde” del nostro pianeta, dove o si sopravvive male, o si muore presto.
Con questo libro, però, il desiderio è quello di sprigionare vita, fittissima di amore e solidarietà. È la storia del Cuamm, medici con l’Africa, una sigla che, nel linguaggio burocratese, sta ad indicare il Collegio Universitario Aspiranti Medici Missionari. Un’associazione benefica che a Padova trova il suo terreno fertile e che dal 1950 opera attivamente con e in Africa per generare aiuti laboriosi ed instancabili.

I medici e professionisti del Cuamm lasciano l’Italia e insieme alle loro famiglie esportano i loro saperi e doveri in terre difficili e spinose, quali l’Angola, l’Etiopia, il Kenya, il Monzambico, il Sudan, l’Uganda, la Tanzania. Rinunciano agli agi e alle fruttuose possibilità di una nazione e una cultura occidentale per spendersi, senza riserve e con amorevole gratuità, nella costruzione di un lavoro cooperativo insieme a fratelli, uomini e donne, diversi solo per il colore lucentissimo della pelle. È questa un’Italia bella, competente e commuovente, che però è nascosta ai più, che costruisce quasi in silenzio, come a dimostrare l’inutilità del clamore. La dedica di Rumiz è infatti per “chi compie la sua missione senza far rumore“, sullo sfondo di giorni impotenti e giorni felici, di piogge africane e di meravigliosi e carmini tramonti.

La bellezza delle parole che si rincorrono tra le pagine è data dalla semplicità di poter evocare la forza disarmante di un viaggio compiuto ad altezza d’uomo, dove la panoramica aerea non è consentita, perché importanti sono tutti i dettagli umani di una missione  al servizio degli ultimi. E per niente velata appare la critica all’Italia. Severa da leggere e dura da digerire. “Povero paese mio, che demonizzi la pelle color dell’ebano e non sai di rinnegare le tue radici, la tua storia di accoglienza […]. Italia che si lascia convincere a serbare rancore verso lo straniero, e che non capisce che questo rancore è costruito ad arte per nascondere i problemi veri del paese”.

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