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Dragoni / Piana alifana. Un impianto di biometano accende la preoccupazione dei cittadini

Sarebbe il secondo impianto più grande della Campania dopo quello di Caivano. Pur presentato nel 2019 la popolazione ha scoperto solo da poco il progetto che prevede il riciclo di scarti derivanti dalla zootecnia e altri provenienti da precisi residui alimentari (pomodori e sanza) per la produzione diretta di metano

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Mobilitazione a Dragoni contro un nascente impianto per la produzione di biometano dalla digestione anaerobica di biomasse agricole e zootecniche, un impianto che prevede la produzione annua di 4.200.000 smc (standard metro cubo) tramite l’immissione giornaliera nell’impianto di residui provenienti da coltivazioni e allevamenti del territorio (per quelle aziende che vorranno stipulare contratti). A farsene promotrice già dal 2019 è la società agricola Cannavina Biometano in un’area ai confini con il vicino comune di Alvignano. Incalza la polemica dei dragonesi di fronte alla scoperta di un impianto che si ritiene di portata eccessiva rispetto all’area circostante e al vicino contesto urbano (poco distante da case e da un impianto ricreativo con piscine) tanto da costituirsi in “Comitato no biogas” da oltre un mese per avviare un dibattito sui possibili rischi del progetto. A capo del gruppo Pasquale De Pasquale e con lui numerosi cittadini che hanno fatto partire una raccolta firme contro la realizzazione dell’impianto e organizzato incontri pubblici per spiegare le loro ragioni. In risposta, la Società agricola ieri sera ha convocato un incontro nella sala consiliare del Comune di Dragoni, in un clima ormai teso e a distanza di qualche anno dalle prime azioni, per spiegare il funzionamento dell’impianto.

Il progetto presentato al Comune nel 2019 aveva avuto parere contrario dall’Ente locale; diversamente sono andate le cose allorquando la Società Agricola ha presentato alla Regione Campania la documentazione necessaria e i pareri favorevoli degli Enti e Commissioni preposti ai controlli ed alle autorizzazioni (sanitarie, paesaggistiche, storico-artistiche) tanto che con Decreto Dirigenziale n.14 del 15 febbraio 2022, “si autorizza” la realizzazione. Il Comitato oggi contesta al Comune (il riferimento è alla precedente amministrazione guidata dal sindaco Silvio Lavornia) la propria assenza in sede di Conferenza di Servizi (l’ultima il 23 dicembre 2021 presso la Regione) al fine di far valere le ragioni di quel “no” già espresso in passato.

La relazione del Tecnico comunale Fabio Leonetti infatti nell’ottobre 2019, vista la portata dell’impianto (biomassa in entrata ed energia prodotta in uscita) che supera quelli di uso privato, decretava una serie di “no” per i seguenti motivi: erronea presentazione dell’istanza (già allora necessitava di pareri di Enti preposti); la necessità di approvare una variante urbanistica; la presenza di un impianto di compostaggio e i rischi di impatto ambientale, ultimi due punti su cui oggi fanno fortemente leva i cittadini preoccupati per le emissioni in aria dei residui, per l’impatto sulla salute, per le esalazioni maleodoranti nella vasta area del medio Volturno, per i rumori, i rischi sanitari e quelli idrogeologici. A tutto questo il Comitato aggiunge i dubbi sui danni che l’impianto avrebbe a discapito degli scoli d’acqua naturali che corrono verso il fiume Volturno, area dove nidificano e proliferano specie animali e vegetali (di recente è stato segnalato alle autorità competenti il dubbio funzionamento di un altro piccolo impianto sito in loco che ha visto l’intervento di autorità militari e sanitarie).

Le preoccupazioni  Si fa strada una legittima preoccupazione a fronte di esperienze difficili e traumatiche che  la Campania ha pesantemente subito negli anni – lì dove è venuto meno il corretto funzionamento e il controllo degli impianti – come forme di inquinamento irreparabile e la diffusione di gravi malattie (la vicinanza con la terra dei fuochi provoca tensione); si fa strada la preoccupazione che l’enorme portata dell’impianto convogli nell’area verde – porta del Matese – eccessivi di automezzi addetti al trasporto del materiale organico da trasformare in gas in quanto le poche aziende locali non garantirebbero il quantitativo sufficiente agli impianti; avanza altresì il disappunto per essere rimasti all’oscuro per troppo tempo di un simile progetto; la domanda su come e chi effettuerà controlli  perché siano rispettati gli standard previsti (nel caso in questione tocca alla Regione); e poi “quale vantaggi per la popolazione e il territorio che vedono mancare una porzione di area verde per immettere energia/gas nella rete?”.
Il beneficio di un dialogo che in anticipo avesse spiegato ai dragonesi il grande progetto per stemperare prevedibili preoccupazioni e reazioni forse oggi avrebbe posto il dibattito in maniera più costruttiva senza escludere anche processi vantaggiosi per la comunità locale (l’Arpac, l’Agenzia Regionale per la protezione ambientale, raccomanda in simili contesti il coinvolgimento delle popolazioni interessate).

Ai dubbi di oggi la Società Cannavina Biometano risponde con il consenso concesso dalla  Regione Campania che, visto il parere degli Enti e delle Commissioni coinvolte, autorizza a procedere: il progetto si presenterebbe infatti secondo i requisiti e gli standard di sicurezza previsti e l’intero ciclo di trasformazione del materiale organico sarebbe al sicuro, dal primo scarico di materiale organico all’ultimo stadio di lavorazione pronto per l’immissione in rete lì dove previsto.

Cosa ne pensano i territori limitrofi? Cosa ne pensano i cittadini? Ma soprattutto gli indiretti beneficiari, cioè agricoltori e allevatori locali con il problema dello smaltimento dei residui derivanti dalla zootecnia? E le associazioni di categoria? E le associazioni che hanno a cura i territori?  Ancora torniamo a parlare di confronti e di pareri che se condivisi e arricchiti dalla competenze di molti altro non farebbero che produrre esperienze di progresso e civiltà.

 

 

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