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Piedimonte Matese e San Marcellino, la città e la fede in Cristo: solo insieme si costruisce il futuro. Comincia il novenario

Nella festa della Traslazione delle reliquie del Patrono ha presieduto la Santa Messa don Doriano Vincenzo De Luca dell'Arcidiocesi di Napoli

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San Marcellino, un testimone vivente, perché i martiri “non sono eroi del passato, ma fari sempre accesi che continuano a illuminare il nostro presente. Non sono statue da venerare con fiori e ceri, ma fiaccole vive che accendono il cammino della Chiesa e delle nostre comunità. Chi guarda ai martiri con fede, non guarda indietro ma guarda avanti!”. Sono le parole di don Doriano Vincenzo De Luca che ieri sera nella Basilica di Santa Maria Maggiore in Piedimonte Matese ha presieduto la Messa in occasione della Traslazione delle Reliquie di San Marcellino, prete e martire, patrono della città. Ad un anno dal suo primo incontro con la città di Piedimonte Matese, per la medesima occasione, il parroco don Massimiliano Giannico ha nuovamente affidato al sacerdote napoletano la meditazione che apre il tempo del novenario, quest’anno sul tema “La luce della speranza accesa dai martiri continua ad illuminare il cammino della Chiesa”.

Come ogni anno chiesa gremita di fedeli per uno dei momenti più attesi, quello di un incontro più intenso e sentito con il loro protettore, occasione per riscoprirsi interpreti in questo presente del messaggio forte lasciato da San Marcellino. Fede e vita non due strade opposte o parallele, ma l’unica corsia su cui scorre il tempo che è dato ad ogni credente: a partire da questa visione, l’omelia proposta dal sacerdote, attingendo alla Sacra scrittura del giorno, è stata costante invito a riflettere sull’oggi della comunità: cittadini credenti impegnati a camminare insieme, ad ascoltarsi “per costruire, non per dividere” superando la rigidità delle relazioni destinate ad essere occasioni di apertura e non di chiusura, fino a toccare il tema sacro dell’amicizia, linfa di ogni comunità: “la partecipazione alla vita civile e sociale – quella vera, quella che si misura nella responsabilità condivisa, non solo nelle dichiarazioni o nelle presenze pubbliche – ha bisogno proprio di questo: del coraggio di sedersi e parlarsi, con pazienza, con rispetto, con autenticità. Senza temere parole diverse, senza arroccarsi in posizioni precostituite. Il confronto, se vissuto con spirito sincero, è una forma alta di amicizia” (scarica il testo integrale dell’omelia).

Ma il cuore di ogni azione, per il cittadino credente, resta il Vangelo. Nel richiamare il passo di Giovanni proclamato ‘Rimanete nel mio nome’, don De Luca ha interpellato sulla fedeltà a Cristo, fondamento di ogni gioia, quella che non si improvvisa e neppure nasce da esternazioni occasionali “ma fiorisce nelle piccole fedeltà quotidiane, quelle discrete, silenziose, che costruiscono in profondità”. “È lì che si misura la statura morale e spirituale di una comunità: nella sua capacità di vivere bene l’ordinario, con rispetto, attenzione, responsabilità” (scarica il testo integrale dell’omelia).

Viene da Napoli don Doriano De Luca; parroco alla Parrocchia dell’Immacolata di Capodichino e prelato della Cappella di San Gennaro, da tempo impegnato nel mondo della Comunicazione nell’Arcidiocesi di provenienza e in ambito nazionale come vicepresidente della Federazione Italiana dei Settimanali Cattolici. La sua distanza geografica da Piedimonte è stata saldata da quella spirituale manifestata ieri e nella attenta lettura storica della Città matesina tanto da parlare alla comunità riunita in Santa Maria Maggiore del “nostro patrono San Marcellino” confermando, dopo l’esperienza di un anno fa, di sentirsi parte di una storia di fede che rintraccia le comuni radici nel Vangelo e nella testimonianza di tanti altri martiri per Cristo a cui anche il popolo napoletano guarda. Ha parlato ai piedimontesi ricordando la storia cittadina: la sua visibilità storico-culturale quale appendice del Regno, la prosperità economica di fine Ottocento al tempo della produzione tessile dei cotonifici qui impiantati dallo svizzero Egg, la ricchezza delle acque e la bellezza ambientale, “Ma guai a trasformare questa memoria in un’autocelebrazione nostalgica!”, perché ha spiegato, “La memoria, se non diventa ponte verso il futuro, diventa un recinto. Non possiamo permetterci di restare chiusi in ambiti ristretti, dove il confronto si esaurisce tra pochi e le voci si rincorrono sempre tra le stesse persone”. Sguardo poi sui giovani e i disagi sempre più palesi “in comportamenti deprecabili, sempre da condannare. Ma dietro certe azioni si nasconde spesso il grido inascoltato di chi non si sente accolto, né parte di un progetto. Serve costruire”, quindi l’invito a lavorare, insieme, sulle coscienze. “San Marcellino – ha poi concluso – ci invita proprio a questo: non a difendere una posizione, ma a donare la vita. E chi dona la vita accende speranza”. Le ultime parole si sono fatte preghiera al Santo Patrono: “Tu che non hai cercato potere ma verità/ aiutaci a costruire città dove le parole / siano sorgenti di incontro e non barriere d’orgoglio,/dove le differenze non separino,/ma si fondano come pietre diverse nello stesso tempio”.
Presenti alla Celebrazione i sacerdoti dell’Unità pastorale di Piedimonte Matese; le autorità civili, il Comitato Festeggiamenti; famiglie, anziani, disabili: un’intera comunità che ha ricevuto il mandato a rinnovarsi nella fedeltà al vangelo e nell’impegno per il bene comune.

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