Home I Sentieri della Parola La regalità della Croce. Commento al Vangelo di domenica 20 novembre 2016

La regalità della Croce. Commento al Vangelo di domenica 20 novembre 2016

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la crocifissione matera pasolini

A cura di don Andrea De Vico
Anno C – XXXIV per Annum (Lc 23, 35-43)

“Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso!”
“Sopra di lui c’era anche una scritta: “Costui è il re dei Giudei!”

La regalità di Cristo è il tema portante del racconto della Passione di Luca: l’ingresso trionfale a Gerusalemme (“benedetto colui che viene, il Re, nel nome del Signore”), il processo davanti al Sinedrio (“se tu sei il Cristo, dillo a noi”), l’interrogatorio di fronte a Pilato (“abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare i tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re” “sei tu il Re dei Giudei?”), le accuse davanti a Erode (“lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato”), gli oltraggi da parte del popolo (“salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio”) e dei soldati (“se tu sei il Re dei Giudei, salva te stesso”), l’iscrizione stessa posta sulla croce, con il motivo della condanna (costui è il re dei Giudei). Quella tavoletta vorrebbe significare la fine dell’assurda pretesa di Gesù, e invece diventa un inconsapevole e prezioso “testimone teologico” della sua regalità.

Nel resoconto lucano, il titolo di Re-Messia attribuito a Gesù è affermato con chiarezza, malgrado il rifiuto dei Giudei. Anzi: questa regalità è il motivo stesso che spiega tale condanna. Siamo di fronte a un paradosso: uno che ha predicato il Regno di Dio, immedesimandosi in esso al punto da proclamarsene Re Messia, finisce in così malo modo. Al di fuori dal contesto della passione, dunque, non si può capire la natura della regalità di Cristo. Si tratta di una regalità diversa dagli schemi comuni, Gesù stesso l’aveva detto: i potenti del mondo signoreggiano, “ma io sono in mezzo a voi come uno che serve”. Poi si era presentato a Gerusalemme come un re povero, umile e mansueto, non a cavallo, ma in groppa a un asinello. Un personaggio simile, più che un pericolo, poteva costituire motivo di curiosità, di folclore.

Gesù finisce per morire fra due condannati. Anch’essi sono messi a confronto col tema in questione, esemplificato nei due diversi atteggiamenti che assumono. Il primo ladrone ha uno schema mondano della regalità, per cui non comprende e si abbandona alla disperazione: non sei tu il Cristo? salva te stesso e noi!”. Al pari della folla e dei soldati, quel poveraccio si aspetta una manifestazione spettacolare all’ultimo momento. Da notare l’insistenza su quel “salvare te stesso”: lo dicono i notabili, lo ripetono i soldati, e adesso ci si mette anche il condannato.

L’altro malfattore, malgrado l’evidente sconfitta del “Regno”, chiede di esservi ammesso: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno”. Segno che quest’ultimo, a differenza di tutti altri, aveva capito la vera natura del “Regno di Dio”, ci crede ancora, ci spera ancora, anche se inchiodato al fianco del suo ben strano “re”. Altrettanto sorprendente è la risposta di Gesù: oggi con me sarai nel paradiso!” Non alla fine dei tempi, come viene da pensare a noi, ma: “oggi”. Gesù regna e salva “oggi”, dall’alto della sua croce. La maestà, lo splendore, la gloria e la vittoria, pur umanamente assenti, si manifestano proprio qui, nell’ “oggi” di tutti i tempi, dall’alto di un patibolo infame. Passione e croce aprono un varco per accedere al Regno, diventano un sorta di “passaggio obbligato” per il possesso del Regno.

La prospettiva di Luca è chiara: il Cristo, crocifisso e risorto, regna già, ora e “oggi”. Io posso assumere due prospettive, rappresentate dai due ladroni. Mi posso chiedere come mai il Cristo non interviene a fare giustizia nel mondo e non sia riconosciuto dai governi, oppure se lui regni in me. E’ lui il Signore della mia vita? O c’è dell’altro?

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