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Piedimonte Matese. L’appello del Vescovo agli aspiranti politici in occasione di San Marcellino

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Il busto argenteo del Santo Patrono esce dalla basilica di Santa Maria Maggiore per la processione (foto Emilia Sgrò)

Conclusi i festeggiamenti patronali in onore di San Marcellino prete e martire, Patrono di Piedimonte Matese. Dopo undici giorni di attesa, iniziati lo scorso 22 maggio con la Festa della Traslazione delle reliquie e proseguiti con il Novenario, il 2 giugno, le celebrazioni hanno raggiunto il loro culmine con la Memoria liturgica dei Santi Marcellino e Pietro.

Diversi i riti nella mattina: l’accoglienza del Vescovo alla Casa Comunale, il tradizionale solenne Corteo con le Autorità fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore, dove si è svolto il solenne Pontificale presieduto da Mons. Valentino Di Cerbo, con la partecipazione dei tre parroci cittadini, di altri sacerdoti diocesani e della Comunità francescana di Santa Maria Occorrevole, alla presenza del Dott. Vocile, sub Commissario del Comune di Piedimonte, dell’on. Carlo Sarro e di altre Autorità civili e militari.

L’omelia di Mons. Di Cerbo, oltre che essere un costante richiamo alla figura del Patrono, è stata occasione per parlare alla Città coinvolta nella imminente tornata amministrativa. Facendo riferimento alla Pala d’altare della Chiesa romana di S. Marcellino e Pietro ad duos lauros, in cui, a differenza del busto d’argento del Santo presbitero, venerato a Piedimonte, rassicurante e fiero della sua scelta, i due Santi, colti nel momento del martirio, emergono fragili, ma sereni da un contesto scuro e tragico, in cui dominano le facce trucide dei carnefici, che brandiscono armi. Sembrano loro i vincitori, ma tutto il contesto dice che quel vecchio e quel giovane inginocchiati e pronti ad essere uccisi per aver portato Cristo ai fratelli, sono i veri vincenti. Quei due volti, ha proseguito il vescovo, fanno venire in mente l’espressione del profeta Gioele: “I vostri anziani faranno sogni e i vostri giovani avranno visioni” (3,1).

Il Vescovo, volgendo lo sguardo alla storia del passato si è domandato come mai l’Università di Piedimonte nel 1643 abbia scelto come Patrono San Marcellino, le cui reliquie due anni prima erano state donate da papa Urbano VIII al vescovo di Alife, Mons. Pier Paolo de’ Medici, ipotizzando che nei tempi tristi e bui della dominazione spagnola, i Magistrati della Città avevano voluto offrire ai concittadini un modello e un segno di speranza e di fiducia in un futuro migliore.

Complimentandosi con gli organizzatori della Festa patronale, espressione di una Comunità parrocchiale che sente forte il senso di appartenenza, Mons. Di Cerbo ha invitato a volgere un pensiero riconoscente e orante a quanti, presenti in quasi tutte le famiglie,  in passato hanno vissuto lo stesso impegno e la stessa devozione per san Marcellino e ci hanno passato il testimone.

La riflessione del Vescovo è stata poi sul senso di questa festa per i Piedimontesi di oggi, quando la città vive un momento in cui la disillusione sembra prevalere sulla speranza e in cui alcuni eventi hanno scompaginato l’amministrazione cittadina.
“Non mi compete e non voglio vestire i panni del giustiziere, ha proseguito il vescovo, umanamente sono vicino a chi sta soffrendo e so quanto male possono fare coloro che volendo fare i paladini della verità, diventano i missionari della menzogna e della vendetta. Né penso che sia giusto di fronte a certi eventi, andare alla ricerca ossessiva del capro espiatorio. Sarebbe invece più giusto interrogarci fino a che punto certi eventi sono frutto di nostre mentalità ossessivamente egoistiche, che non sollecitano i politici a promuovere il bene comune, ma il proprio tornaconto, e di consorterie dedite all’arrembaggio e alla fuga, che sistematicamente prescindono dall’etica, danneggiando i poveri e i giovani, 600 dei quali in questi ultimi anni son dovuti andar via da Piedimonte”.

Il Vescovo non ha tralasciato le tante positività presenti nella comunità locale: le famiglie sane, i sogni dei giovani e l’operosità di tanti cittadini. In particolare ha  indicato come significativi segni di speranza dirigenti scolastici e docenti capaci di sognare e di trasmettere visioni positive ai giovani, come pure il  ritorno in Città  della vita religiosa femminile: le Suore Salesie e le Monache adoratrici del Santissimo Sacramento che hanno ridato vigore all’antico Monastero Benedettino. Ma ha affermato che i sognatori non vanno lasciati soli.

Un riferimento poi alle prossime elezioni: pur dichiarando la sua piena neutralità nei confronti dei contendenti, ha invitato i candidati a non fare promesse di diritti, ma a impegnarsi a garantirli soprattutto alle fasce più deboli della popolazione e a non promettere miracoli, ma ad assumere l’umiltà, la costanza e la creatività matura degli artigiani per ricostruire il bene comune di questa Città, che non ha bisogno di fuochi fatui ma di sogni e di impegni veri.

“San Marcellino, il sognatore, anche in questo momento difficile di Piedimonte, ci indica ancora nel Vangelo e nella passione per Dio e per i fratelli che da esso promana,  la via per avere il coraggio di sognare e per essere vincenti.  Dobbiamo amore a questa città, dobbiamo sogni a questa città ed a chi verrà dopo di noi” ha concluso il Vescovo. Un appello forte, scaturito direttamente dalla premura per il futuro dei piedimontesi e dalla sofferenza per il  disagio attuale – sociale e morale – che vive la comunità.

Nel pomeriggio invece si è tenuta la tradizionale processione di San Marcellino: il busto argenteo  ha dapprima attraversato il Centro storico, ricoperto di caratteristiche infiorate; successivamente, il corteo ha raggiunto la periferia di Piedimonte ed il Rione Vallata tornando a sostare, dopo tre anni, nel restaurato Santuario di Ave Gratia Plena.

In piazza Roma è avvenuto l’omaggio delle Chiavi della Città al Santo Patrono, da parte dell’Autorità prefettizia. Infine, sempre in piazza Roma, la cittadinanza ha potuto assistere allo Spettacolo di Musica operistica e sinfonica, offerto dal Concerto bandistico Città di Conversano. 

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