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Fu nepotismo episcopale? La famiglia Sanseverino nella Chiesa del Regno di Napoli

1861
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Matese tra moderno e contemporaneo

I tre vescovi Sanseverino nella diocesi di Alife durante il XVIII secolo

di Armando Pepe

Dall’aristocratica famiglia Sanseverino, tra le più influenti del Regno di Napoli, nel corso del XVIII secolo provennero al soglio episcopale alifano i tre monsignori Innocenzo, Filippo e Francesco Ferdinando, i quali cercarono di imprimere un segno indelebile nella millenaria storia diocesana. Nel loro caso si è parlato anche di nepotismo episcopale, ma nella bilancia tra il dare e l’avere il piatto pende per il dare, se non altro per la disciplina e la morigeratezza che seppero infondere a piene mani nei costumi del clero.

Monsignor Innocenzo Sanseverino
Nacque il 5 aprile 1696 a Nocera dei Pagani da famiglia aristocratica. Fu ordinato sacerdote il 7 luglio 1720. «La Eccellentissima Famiglia Sanseverino ha dato successivamente alla Chiesa di Alife tre Vescovi, il primo dei quali fu Monsignor Innocenzo. [Consacrato dal cardinale Joaquín Fernández de Portocarrero Mendoza, il 9 marzo 1746] era egli stato assunto al Vescovado di Montemarano, città popolata nel Principato Ultra, e n’esercitava con decoro le funzioni quando dall’immortale papa Benedetto XIV [Prospero Lorenzo Lambertini] fu traslocato alla Cattedra di Alife [il 12 marzo 1753]. Siccome non mancava di attenzione nel pascere le pecorelle affidate alla di lui cura, così si mostrò ancora sollecito intorno a ciò che appartiene al culto esteriore ed alla istruzione della gioventù. Quindi intraprese la erezione delle tre ali nella Cattedrale di Alife, ed impinguò il Seminario di nuove rendite, annettendo al medesimo, con Decreto in Santa Visita del dì 21 aprile 1756, li seguenti Benefici, cioè (1) quello di Santo Stefano (eretto nella chiesa di Sant’Antonio Abate fuori la Porta di Vallata a Piedimonte), (2) quello di Santa Lucia, di Piedimonte, nel luogo detto Pizzone, (3) quello di Sant’Antonio Abate, in Sant’Angelo, (4) quello di Santo Stefano, in Raviscanina, (5) quello di Santo Spirito, in Castello, (6) quello di Santa Elena, in Prata, (7) quello di Santa Maria del Pozzo, in Valle di Prata, (8) quello di San Biagio, in Letino» (Jacobellis, n° 54). Nonostante alcune incomprensioni avute con il clero piedimontese durante il governo episcopale «non è da negarsi però che fosse un Prelato di somma capacità, per cui dal Vescovado di Alife [il 3 gennaio 1757] fu trasferito all’ [Arcivescovado] di Filadelfia in partibus infidelium, ed in questa nuova dignità fu creato Vicario Generale dell’Arcivescovo di Napoli [Antonino Sersale], e Consigliere del Tribunale Misto; cariche ch’egli sostenne con molto decoro sino alla morte» (Jacobellis, n° 54), che avvenne a Napoli il 10 luglio 1762.

Monsignor Filippo Sanseverino
Nacque il 18 maggio 1711 a Nocera dei Pagani da nobile famiglia. «Fratello germano di monsignor Innocenzo Sanseverino, fu ordinato sacerdote il 4 giugno 1735 (Jacobellis, n° 55)». Il 14 agosto 1745 si laureò in utroque iure (diritto civile e canonico) all’Università di Napoli. Già canonico della cattedrale di Nocera, successivamente fu vicario generale nelle diocesi di Montemarano, Capaccio e Alife, ove era vescovo il fratello. Il 6 gennaio 1757 fu creato vescovo di Alife da papa Benedetto XIV [Prospero Lorenzo Lambertini], venendo consacrato dal cardinale Giorgio Doria. «Non fu egli in questa carica meno operoso di suo fratello, poiché perfezionò nella Cattedrale le tre ali già da quello cominciate; vi fece costruire l’uno e l’altro Coro e l’adornò di pavimento, all’infuori di varie altre riparazioni alle porte, nel battistero e negli altari. Fu altresì attento al benessere e al vantaggio del Seminario; a qual fine nel 1763, con Decreto del 9 ottobre, annesse al medesimo le rendite della chiesa della Santissima Trinità, detta comunemente Santa Lucia a Porta di Vallata, in Piedimonte. Durante il suo governo, e propriamente nel 1764, fu fatta scolpire in Napoli, e quindi trasportata nella collegiata di Ave Gratia Plena, la devotissima statua della Immacolata Concezione di Maria Santissima. Tuttavia non potette la Chiesa di Alife godere per lungo tempo delle benefiche cure di Monsignor Filippo, poiché chiamato alla carica di Vicario Generale dell’Archidiocesi di Napoli (e quindi trasferito all’Arcivescovado di Nicea in partibus infidelium il 29 gennaio 1770) dovette del tutto abbandonare questa Diocesi, la quale non poté non compiacersi nel vederlo innalzato a sì alto posto; in seguito fu eletto dal Re Ferdinando IV di Borbone per proprio Confessore» (Jacobellis, n° 55). Morì a Napoli il 10 settembre 1790.

Monsignor Francesco Ferdinando Sanseverino
Nacque a Maratea il 25 febbraio 1723 da nobile famiglia. Entrato nella congregazione dei Pii Operai, conseguì a Napoli il lettorato in teologia. Ordinato sacerdote il 18 marzo 1747, divenne nel 1750 consultore della Sacra Congregazione dei Riti. «Era nipote delli due precedenti Prelati, ambedue Vescovi di Alife. Dal Pontefice Clemente XIV [Giovanni Vincenzo Antonio Ganganelli] fu eletto al Vescovato di Alife a dì 4 febbraio 1770» (Jacobellis, n° 56). Ricevette la consacrazione episcopale dal porporato Henry Benedict Mary Clement Stuart of York, cardinale vescovo di Ostia (e Velletri). «Si racconta che il Pontefice, nel firmare la Bolla di Francesco Ferdinando, avesse domandato se vi erano in Napoli altri Sanseverino per consacrarli Vescovi di Alife. A Piedimonte il l7 aprile 1773 il nostro Vescovo, vestito pontificalmente ed accompagnato da tutto il clero del Seminario, uscendo da Palazzo Ducale, si portò alla nuova chiesa di Santa Maria Maggiore e solennemente la benedisse a norma del Rituale Romano. Inoltre fu in Diocesi uomo di somma destrezza nel trattare gli affari» (Jacobellis, n° 56). «Dal 1774, per circa un anno e mezzo, monsignor Sanseverino si allontanò dalla Diocesi di Alife per dimorare a Roma, in missione segreta, presso il papa Clemente XIV [Giovanni Vincenzo Antonio Ganganelli]. In accordo con il primo ministro del Regno delle Due Sicilie, Bernardo Tanucci, tentò di ottenere la soppressione dell’arcidiocesi normanna di Monreale affinché le sue forti rendite potessero servire per una flotta che difendesse sia il Regno sia lo Stato Pontificio dalle incursioni dei pirati barbareschi» (Vitale, p. 116). Monsignor Sanseverino riuscì nell’intento poiché le due arcidiocesi, di Palermo e Monreale, il 7 luglio 1775 da papa Pio VI [Giovanni Angelico Braschi] furono accorpate aeque principaliter con il Breve Apostolici suscepti regiminis, « acciocché i proventi della soppressa Mensa arcivescovile di Monreale s’impiegassero per il mantenimento di una flottiglia destinata a custodire i mari siciliani dalle incursioni dei pirati barbareschi» (ASD Monreale, Fondo Governo Ordinario, sez.1, serie 1, b. 1, fasc. 14, 1896).
Il 21 marzo 1776 fu promosso arcivescovo delle diocesi di Palermo e Monreale da Papa Pio VI e durante il concistoro diocesano del 15 aprile dello stesso anno fu presentato, con lodi ed elogi, da monsignor Niccolò Ciafaglione, inquisitore del Santo Uffizio nell’isola, a re Ferdinando III di Sicilia (Ferdinando IV come re di Napoli). Poco tempo dopo monsignor Ciafaglione «persona di tanto zelo, prudenza e dottrina» fu incaricato dall’arcivescovo Sanseverino di prendere possesso in sua vece del governo spirituale delle due arcidiocesi e quindi nominato suo vicario generale. (ASDPa, Fondo Gran Corte Arcivescovile, Lettere della Gran Corte Arcivescovile, numero di corda da 798 a 809 (Anni 1776-1794), Lettera dell’arcivescovo Sanseverino a monsignor Ciafaglione, datata «Napoli, 27 aprile 1776»). Il 20 agosto 1776 monsignor Sanseverino scrisse e firmò di suo pugno un provvedimento con cui ordinò a tutti i predicatori della diocesi di Monreale, di ogni ordine e grado, di restituire le patenti «di confessione e facoltà di predicare».» (ASD Monreale, Fondo Governo Ordinario, sez.1, serie 2, b. 4, fasc. 17, Anni 1776-1793). Quelli che non si fossero attenuti alla disposizione sarebbero stati sospesi dalle predette facoltà. Si può plausibilmente ritenere che da parte di monsignor Sanseverino ci fosse l’intenzione di favorire un’ulteriore mossa per la definitiva soppressione dell’arcidiocesi monrealese, con il conseguente incameramento regio di beni e rendite. D’altronde era questo l’originario progetto cui monsignor Sanseverino era stato destinato dal papa e dal sovrano. Durante il suo episcopato, nel 1780 a Monreale fu rifatta la facciata del monastero dei Benedettini. «Scorsi otto anni circa dal suo governo di arcivescovo gli venne dal Sovrano indossata una nuova carica. Era rimasta senza un governante la Sicilia, dietro la partenza del Viceré Don Domenico Caracciolo, marchese di Villamaina. Sua Maestà non trovò miglior soggetto, per destinarlo al governo di questa isola, che monsignor Sanseverino; lo elesse Presidente del Regno, e Capitano Generale, con suo biglietto del 19 maggio 1784. Governò egli la Sicilia per due anni, e non ostante gli affari, di cui poteva caricarlo il governo di un Regno, non tralasciò nel tempo stesso di attendere al suo governo nelle due diocesi a lui affidate. Distaccatosi dal governo di Sicilia nel 1786, con più agiatezza proseguiva ad occuparsi ed impegnarsi per il bene del suo doppio gregge» (ASD Monreale, Fondo Governo Ordinario, sez.1, serie 1, b. 1, fasc. 13, n° VII). «Molto bene arrecò questo insigne Prelato alla diocesi di Palermo; erogò ogni anno quindicimila scudi in elemosina ai poveri e concorse largamente alla restaurazione del duomo palermitano. Fu anche lui che, a richiesta del rettore Castelli, concesse un’altra volta il palazzo arcivescovile per uso delle scuole del Seminario, facendovi eseguire le opportune modificazioni. Volle che nella scuola si erigesse un altare in onore di San Tommaso d’Aquino. Istituì nella cattedrale di Monreale dei reverendi Vicari di Coro, nel numero di sedici, concedendo loro nello stesso tempo le insegne corali. Era il giorno 31 marzo dell’anno 1793 quando monsignor Sanseverino se ne volò al cielo. Il di lui cadavere fu sepolto nella cattedrale di Palermo» (Brano tratto dal manoscritto inedito «Vite degli Arcivescovi Abati e Signori di Monreale per Don Salvatore Buccola Vicario di Coro della Metropolitana», in ASD Monreale, Fondo Governo Ordinario, sez.1, serie 1, b. 1, fasc. 14, 1896).

Riferimenti bibliografici e links
Armando Pepe, Le relazioni ad limina dei vescovi della diocesi di Alife (1664 – 1773), Lecce, Youcanprint 2019;

http://www.storiadellacampania.it/relazioni-ad-limina-alife-1664-1773-intro

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