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The Holdovers. Lezioni di vita. Al cinema il film di Alexander Payne candidato all’Oscar

La pellicola, con ben 5 nomination agli Academy Awards, è in sala dal 18 gennaio

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Noemi Riccitelli – Già accolto da innumerevoli premi e riconoscimenti, tra cui i due importanti Golden Globe per il Miglior attore e la Miglior attrice non protagonista, rispettivamente a Paul Giamatti e Da’Vine Joy Randolph,
The Holdovers di Alexander Payne ha raggiunto il culmine di questa stagione cinematografica quando lo scorso martedì 23 gennaio sono state annunciate le nomination ai prossimi Academy Awards, i prestigiosi Premi Oscar.
Infatti, la pellicola, al cinema dal 18 gennaio, ha ottenuto ben 5 candidature, nelle categorie più ambite: Miglior Film, Miglior Attore protagonista, Miglior attrice non protagonista, Miglior Sceneggiatura originale (David Hemingson) e Miglior montaggio (Kevin Tent).

Stati Uniti, New England, 1971. Il Natale è ormai alle porte e studenti e personale della Barton Academy, collegio maschile frequentato dai rampolli dell’alta società americana, si preparano a riunirsi con le rispettive famiglie in occasione delle feste.
Tuttavia, il professor Paul Hunham (Paul Giamatti), docente di storia antica, viene incaricato dal preside di rimanere in sorveglianza di un gruppo di studenti che non faranno rientro a casa per le vacanze, tra cui Angus Tully (Dominic Sessa).
Con loro la cuoca Mary Lamb (Da’Vine Joy Randolph), anche lei ferma in sede, colpita dalla morte del giovane figlio, caduto nella guerra in Vietnam.

Le sequenze iniziali di The Holdovers non possono non rievocare nello spettatore le ambientazioni e le suggestioni dell’Attimo fuggente di Peter Weir: il collegio maschile, la tradizione, la disciplina, le cerimonie.
Tuttavia, un arguto lettore vi può riconoscere anche le atmosfere delle pagine di Salinger nel Giovane Holden, il cui temperamento si avvicina molto a quello del protagonista del film di Payne.
Ricerca di sé stessi, passioni, ma anche inquietudine e solitudine, temi che accomunano le succitate storie, ma che in The Holdovers trovano un’originale comunione che non esaspera il racconto, ma riesce a renderlo insieme vivo, brillante, irriverente e tenero.

David Hemingson ha scritto, infatti, una sceneggiatura che unisce toni diversi, convergendo e trovando il suo culmine nelle personalità di protagonisti unici, i cui profili sono all’apparenza grezzi, ruvidi, problematici, ma che nell’essenza si rivelano morbidi e unici.

In tal senso, le performance dei tre interpreti sono notevoli: Paul Giamatti è un professore di storia antica che parla per aneddoti ed espressioni classicheggianti ed intellettuali, distaccato, tranchant con i suoi allievi, ma in fondo desideroso anch’egli di tenerezza e un posto nel mondo, l’attore è stato davvero brillante in questo ruolo che, infatti, gli è valso la nomination all’Oscar.
Da’Vine Joy Randolph, dal canto suo, è forse più modesta, ma non meno intensa nelle vesti della forte e dignitosa Mary, una madre che ha perso la ragione della sua vita, ma trova il modo migliore di andare avanti; infine, l’esordiente Dominic Sessa riesce con una certa disinvoltura a condividere lo schermo con i due più maturi interpreti, facendo anch’egli una prova di spessore.

Con The Holdovers Alexander Payne realizza un quadro di un’umanità toccante, con delle incursioni scorrette, terribilmente sincere, ma che nel complesso costituiscono una visione realistica, lontana dalle più classiche, rassicuranti e ipocrite retoriche.
Da vedere, senza dubbio uno dei film più belli di quest’ultimo mese in sala e, forse, gli Oscar confermano, dell’anno.

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