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Papa Francesco all’Angelus, “anche le parole uccidono!”

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 Essere gentili col prossimo e disponibili ad ascoltarlo è un “servizio” che ogni individuo deve svolgere nel rispetto del messaggio cristiano, il quale esorta a schivare ogni forma di aggressione

 Agensir – “Gesù ci insegna che se il mio fratello cristiano commette una colpa contro di me, mi offende, io devo usare carità verso di lui e, prima di tutto, parlargli personalmente, spiegandogli che ciò che ha detto o ha fatto non è buono”. Lo ha spiegato, ieri mattina, Papa Francesco, in occasione della recita dell’Angelus da piazza San Pietro. E se il fratello non mi ascolta? “Gesù suggerisce un progressivo intervento – ha ricordato il Pontefice -: prima, ritorna a parlargli con altre due o tre persone, perché sia più consapevole dello sbaglio che ha fatto; se, nonostante questo, non accoglie l’esortazione, bisogna dirlo alla comunità; e se non ascolta neppure la comunità, occorre fargli percepire la frattura e il distacco che lui stesso ha provocato, facendo venir meno la comunione con i fratelli nella fede”. Le tappe di questo itinerario indicano “lo sforzo che il Signore chiede alla sua comunità per accompagnare chi sbaglia, affinché non si perda”. Occorre anzitutto “evitare il clamore della cronaca e il pettegolezzo della comunità – questa è la prima cosa, evitare questo”. Dunque, “l’atteggiamento è di delicatezza, prudenza, umiltà, attenzione nei confronti di chi ha commesso una colpa, evitando che le parole possano ferire e uccidere il fratello. Perché, voi sapete, anche le parole uccidono!”.insultare
Quando io sparlo, quando io faccio una critica ingiusta, quando io ‘spello’ un fratello con la mia lingua, questo è uccidere la fama dell’altro! Anche le parole uccidono – ha ammonito Francesco -. Facciamo attenzione a questo”. Nello stesso tempo “questa discrezione di parlargli da solo ha lo scopo di non mortificare inutilmente il peccatore. Si parla fra i due, nessuno se ne accorge e tutto è finito. È alla luce di questa esigenza che si comprende anche la serie successiva di interventi, che prevede il coinvolgimento di alcuni testimoni e poi addirittura della comunità”.
Lo scopo è “aiutare la persona a rendersi conto di ciò che ha fatto, e che con la sua colpa ha offeso non solo uno, ma tutti. Ma anche di aiutare noi a liberarci dall’ira o dal risentimento, che fanno solo male: quell’amarezza del cuore che porta l’ira e il risentimento e che ci portano ad insultare e ad aggredire”. Per il Papa, “è molto brutto vedere uscire dalla bocca di un cristiano un insulto o una aggressione. È brutto. Capito? Niente insulto! Insultare non è cristiano. Capito? Insultare non è cristiano”. In realtà, “davanti a Dio siamo tutti peccatori e bisognosi di perdono. Tutti. Gesù infatti ci ha detto di non giudicare. La correzione fraterna è un aspetto dell’amore e della comunione che devono regnare nella comunità cristiana, è un servizio reciproco che possiamo e dobbiamo renderci gli uni gli altri”.

 

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